MARIA ZAMBRANO

La spagnola María Zambrano esule dalla patria per opposizione al regime franchista, e detta la “donna filosofo”, è una delle tre grandi pensatrici del secolo scorso, accanto a Hanna Arendt ed Edith Stein. Inoltrarsi nel suo pensiero filosofico sarebbe arduo, quanto in questa sede invece può catturare è scoprire come il suo pensiero si articoli e si ispiri alla grande tradizione carmelitana.
In Zambrano ritroviamo un’originale sintesi degli opposti: una rigorosità nella ricerca filosofica e un profondo sentire.
Una sua frase può essere di aiuto per comprendere:

Con la nostra speranza e il nostro amore arriviamo a partecipare della creazione, anticipando la verità nei sogni, sognando verità che ora sono menzogne, aiutando perché dal mistero la verità si sprigioni.

Zambrano ritiene che la misericordia sia incarnata in quelle donne che «hanno fatto dell’amore una filosofia di vita e della propria vita un’opera filosofica». Ci si colloca così sul versante del sapere dell’anima.
Verità, poesia, e contemplazione, in un certo qual modo, vengono a fondersi, perché tutto deve salire dalle viscere: dalla ragione poetica.
Matrici del pensiero della “donna filosofo” sono Teresa di Gesù e Giovanni della Croce; nel santo ella ritiene che la poesia

arriva a dire quanto non può essere detto, quello che essendo verità è vita, vita nell’amore, soltanto per amore.

Per Teresa il grido è eloquente:

Quanto lavoro costò a santa Teresa, di favella così sciolta e di espressione tanto chiara… parlare di sé! È possibile solo se si crede che si va a morire e che si perderà qualcosa che fu un’anima- un’anima che ci ha contenuti, dentro la quale abbiamo tenuto la nostra, respirando, movendoci e fuggendo-, se di essa bisogna dare testimonianza quando ormai non c’è più tempo, o è già arrivata la sua ora.

“Guida” di Zambrano nella scrittura poetica sono quindi i due grandi dottori del Carmelo. Con il termine “guida” Zambrano non intende qualificare delle persone, per quanto autorevoli e sante, e farle assurgere ad un rilievo assoluto, quanto piuttosto leggere in loro un’esperienza che, passata nella storia, diventa un richiamo per poter camminare insieme.
Stein e Zambrano, in modalità diverse, hanno posto al centro della loro speculazione la persona umana alla ricerca, perché sollecitata da «un interrogativo indifferibile», delle «ragioni del cuore che la ragione ancora non conosce».
Giovanni della Croce è definito «Il Mistico» e Zambrano si sofferma in modo particolare ad analizzare la sua firma. Ella afferma che il santo carmelitano nel corso della sua vita fu portatore di una caratteristica:

Niente lo possedeva e niente lo raggiungeva nell’intimo più della fiamma d’amore, e niente egli frequentava più della sorgente che sgorga nella Notte.

Ella lo ritiene un “beato”, cioè una persona che riposa «in se stesso nello stato di beatitudine, qualunque sia il suo nome specifico».
Zambrano ritiene che non si tratti di una firma che voglia vincere o imporsi nelle strutture del mondo, bensì della pura manifestazione dell’Amore di Dio che vive in lui.
Giovanni della Croce, il «fraticello incandescente», proprio perché sempre rivolto a Dio, può indicare la strada della più profonda abnegazione per giungere all’Amore.
Teresa di Gesù è una delle “Guide” che Zambrano riconosce nel tessuto culturale e spirituale della Spagna, non solo, la Nostra Santa Madre è ritenuta somma perché lasciò fra i testi guida una Guida scritta:

La più pura di tutte è Il libro delle dimore di santa Teresa, tutte le “dimore” attraverso le quali la fecero passare gli uomini e nostro Signore. Quanta carità in tutte, in quella propensione a tendere al prossimo la scala dell’esperienza faticosamente salita! Ma varrà, vale anche per noi? O non dovremmo passare attraverso tutte le nostre “dimore” per poi, un giorno prossimo alla morte, per lucidità e chiarezza, per quanto giovani, tenderla a nostra volta, quella scala, oppure andarcene senza aver lasciato la sua doppia orma: passione e conoscenza?

Quando fu insignita del premio Cervantes, nel cristallino discorso che tenne, María Zambrano non potè dimenticare Giovanni della Croce:

Anche il Cantico Spirituale, di san Giovanni della Croce, è il canto rivolto all’assenza dell’amato. Qui esplicabile, ugualmente, perchè il suo amato non è visibile. Ma nella poesia profana di questo periodo e di quello antecedente si osservava pure costantemente questo motivo dell’assenza e di continua ricerca delle orme dell’amato. La natura intera si trasforma: fiumi, alberi, prati e perfino la luce stessa conservano l’orma della presenza amata, sempre schiva e irraggiungibile. ... voglio tentare di proseguire cercando la parola perduta, la parola unica, il segreto dell’amore divino-umano. La parola talvolta segnalata dalle altre parole privilegiate, scarsamente udibili, quasi come un mormorio di colomba:
Diréis que me he perdido,
Que, andando enamorada,
Me hice perdidiza y fui ganada

SUOR CRISTIANA DOBNER OCD
MONASTERO SANTA MARIA DEL MONTE CARMELO
CONCENEDO DI BARZIO ( LECCO )

(articolo pubblicato il 31.10.06 nel periodico di informazione "Il Castello dll'anima" curato dal Centro Studi Edith Stein di Lanciano)

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