Lettura animata in classe prima
Scuola elementare di Treglio (CH): tredici bambini di sei anni presi
dall’ascolto di una storia. Capita sempre che, a quella età, stiano in
atteggiamento di incantata partecipazione quando viene letto loro un racconto,
quando trovano l’occasione di immergersi nel mondo fantastico di storie
inventate, con personaggi capaci di spalancare l’universo dell’immaginazione.
Quando poi incontrano come protagonisti degli animali, la loro fantasia compie
dei voli spettacolari: gli occhi vedono l’inenarrabile e la mente coglie l’inafferrabile.
E’ con questo stato d’animo che ho preso questo piccolo libretto e ne
ho letto il contenuto ben sapendo che sarebbe stata una lettura di nuova specie
anche per me che già la conoscevo.
La protagonista è una formica!
“Maestra, ma la formica parla
veramente?”
Nel racconto parla, e parla pure parecchio! E racconta poesie! Ma soprattutto
racconta la sua emozionante esperienza di viandante solitario (forzatamente
solitario!) che trova nell’uomo casualmente incontrato per strada l’amico che
lo salva.
“La formica può parlare perché sta
dentro un racconto e così la storia è più bella, perché c’è più fantasia e con
la fantasia si può capire quello che la formica vuole dire”, mi dice
Alessandra.
“Quest’uomo è bravo, ha salvato la formica,
non l’ha schiacciata come di solito le persone fanno con le formiche; è stato
molto gentile con lei”, continua Samuele.
Allora penso che i rapporti tra gli esseri umani, quei rapporti
improntati sul rispetto reciproco, sul mutuo aiutarsi, sul guardare i bisogni
dell’altro e avere la capacità di tendere la mano per sostenere e risollevare,
possano essere appresi e interiorizzati nello
stare di fronte al mondo degli animali. Una formica calpestata, il più delle
volte volutamente, con quella sorta di non curanza, di sadico atteggiamento di
chi “passa sopra” a chi viene considerato privo di valore, può, all’improvviso,
spalancare al riconoscimento dell’essenza inviolabile di ogni essere vivente.
“Ho tirato un sospiro di
sollievo quando la rondine, che aveva beccato il fuscello con la formica
rimasta aggrappata ad esso, lo ha finalmente poggiato. Pensavo che la rondine
si mangiasse la formica!”, mi dice Mirko.
“Già!”, penso io; i più fragili in genere finiscono per soccombere
sotto la prepotenza dei più forti…ma ai bambini questa logica proprio non va
giù!
“Questa storia ci insegna che
gli animali sono gentili”, sottolinea Simone, “e che dobbiamo lavorare come le formiche che lavorano tanto!”, aggiunge
Silvio. Gentilezza e laboriosità: recuperiamo ciò che abbiamo perduto guardando
come in uno specchio quell’animalità che tutti siamo e che non sappiamo più di
essere, perdendo, così, la nostra parte migliore, quella che naturalmente ci
farebbe stare “insieme”.
Allora chiedo loro: “Perché,
secondo voi, questo racconto ha questo titolo: L’uomo solo e la formica?”.
La risposta è corale: “perché quell’uomo
era solo, non era sposato, non aveva figli, non viveva con nessuno; poi ha
incontrato la formica…e si è sentito meglio!”, come se avesse ri-trovato la
sua più profonda dimensione.
E mi emoziono quando Rossana, di fronte all’illustrazione di p.22 mi
dice: ”E’ troppo triste! E’ commovente perché
l’uomo e la formica si stanno separando”…
E mi chiedo: l’essere umano “adulto” sarà in grado, un giorno, di
tornare a vedere e a pensare così?
( Alessandro Petruccelli, L’uomo solo e la formica, Graphe.it, 2013)
M. Concetta Bomba
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