Treglio. Percorso a 5 sensi





 

 

Lanciano-Treglio.
Treglio-Lanciano.
E’ un percorso che compio ormai dal 2001 quotidianamente.
A Treglio ci vado per lavorare.
Conosco la strada con tutti i suoi elementi presenti e distribuiti sul suo territorio e ho registrato mentalmente tutti i cambiamenti e le evoluzioni che ho incontrato in questi anni “strada facendo”.
All’inizio di questa lunga conoscenza tregliese, mi sono imbattuta in un paesino “timido”, ancora chiuso ad accenni di espansione edilizia, destinata (sembrava!), a bloccare il flusso di una crescita demografica indispensabile ad una naturale sopravvivenza.
Sono una insegnante della Scuola Primaria e ricordo bene che, al mio arrivo, il plesso scolastico stava vivendo un periodo di “crisi” a causa di una continua e inarrestabile diminuzione del numero di alunni (dovuto, a sua volta, a una diminuzione di nascite).
Io stessa, dopo il mio primo anno, ho rischiato di perdere il mio posto di lavoro a Treglio: di fatto sono stata trasferita ad Atessa a causa della drastica diminuzione del personale docente che, automaticamente, fa quasi sempre fuori l’ultimo arrivato per motivi di punteggio.
Fortunatamente, con una domanda di utilizzazione, sono riuscita a conservare il mio posto e a continuare il mio percorso di lavoro in un luogo accogliente e sereno, come di fatto è il paese di Treglio.
Negli anni a seguire ho assistito ad una espansione sempre più crescente: ho visto spuntare case come funghi sotto i miei occhi.
La nostra scuola di paese è stata positivamente “travolta” da una costante crescita di iscrizioni: da circa 50 (misero numero di alunni dell’anno di crisi!), siamo di colpo risaliti di una ventina di unità; crescita che ha permesso anche di attuare una “sperimentazione” di tempo pieno con una classe I, che avrebbe, via via, dovuto estendersi anche alle classi successive di iscrizione, tanto era forte la richiesta da parte dei genitori lavoratori di trovare collaborazione con la scuola.
Ahimè!
Purtroppo gli ultimi avvenimenti hanno “di colpo” bloccato questo potenziale di crescita.
Rifletto, ne conosco la causa, la vedo tutti i giorni con i miei occhi e ne sono preoccupata.
Per me stessa.
Per i miei alunni.
Mi chiedo come si sia potuti essere tanto superficiali in scelte così deterioranti.
La vista mi dice, in un colpo solo, già all’ingresso di Severini, che sto entrando in un paese che ha, come costante compagnia, un tubo di metallo di dimensioni gigantesche (sansificio Vecere) che sputa fumo continuativamente. Ma poi vieni a sapere che accanto ce ne sta un altro, di dimensioni (ma non di potenza) minori (inceneritore).
Nessuno può negarlo: solo se entri a Treglio con gli occhi bendati non lo vedi. E’ lì che svetta in tutta la sua imponenza.
Quando i bambini arrivano a scuola con il bussino, “Lui”, il grande gigante, pare stia di vedetta, minaccioso come tutti i mostri di grandi dimensioni descritti nei racconti: è lì a pochi chilometri da scuola, e si vede, lo vediamo bene dal cortile. Solo una abitazione di recente costruzione ne ha impedito la visione anche dalle finestre delle aule!
Non è un bel vedere. Cozza decisamente con la nostra piccola scuola affrescata, vivace nei colori utilizzati dai nostri piccoli artisti per decorarla tutta intorno in una esplosione di disegni e fantasia.
Fosse solo una questione di immagine; sarebbe poca cosa!
L’olfatto paga il prezzo peggiore: siamo invasi da odori nauseanti.
In certe mattinate così “maleodoranti” siamo costretti a mantenere ben chiuse le finestre: quella naturale e indispensabile ossigenazione delle aule non può avvenire, sarebbe controproducente.
Insegniamo ai nostri alunni le regole basilari di una educazione alla salute: proponiamo loro una scaletta di comportamenti da adottare per preservare il loro corpo da attacchi nocivi e deleteri; poi, siamo costretti a non rispettarli.
Non possiamo aprire tranquillamente le finestre.
Gli alunni sanno, sentono con il naso, che in certe giornate è meglio tenersi l’aria artefatta e “viziata” che si è creata in un ambiente sovraffollato, piuttosto che lasciare entrare quella sgradevole e insopportabile (e quanto nociva?) puzza da flatulenza meccanica.
Ma purtroppo fuori ci dobbiamo andare.
Fuori, i bambini, ci vogliono andare.
Ed è un loro diritto.
Nelle belle giornate primaverili hanno diritto ad utilizzare il cortile circostante, che non tutte le scuole hanno la fortuna di possedere.
Momenti di aggregazione, di condivisione a classi aperte, di ossigenazione: l’importanza di uno spazio esterno, chiuso ai pericoli della strada, compromessa da un corpo estraneo che, non si sa, quanto insalubre possa essere.
Di fatto anche il gusto ha da ridire: veri e propri conati di vomito sopraggiungono in certe giornate di vento a noi non molto favorevole.
Il disgusto è tale che, certe mattine, me ne vorrei proprio tornare a casa.
Ma fuori, comunque, ci dobbiamo andare.
I bambini non hanno una palestra a Treglio.
Hanno diritto a svolgere attività motoria.
Abbiamo fatto il possibile, quest’anno, per garantire loro anche la figura di un esperto che ci aiutasse a migliorare quest’ora che loro amano tanto svolgere.
L’amministrazione comunale ci ha aiutato in questo: ma l’unico spazio che abbiamo è quel campetto che tanto utile sarebbe per una crescita armoniosa, se non fosse invaso costantemente dal disgustoso odore proveniente dal nostro “grande vicino”.
E inevitabilmente ci chiediamo quanto questo possa danneggiare la salute dei nostri piccoli abitanti costretti a respirare a pieni polmoni i residui di una combustione sempre in atto, lì a due passi.
La nostra piccola scuola ci piace tanto, però.
E’ veramente a misura di bambino: è accogliente, è deliziosamente affrescata, è piccola al punto giusto da creare un clima familiare, è rassicurante pertanto, è esternamente spaziosa.
E non solo.
A pochi metri abbiamo un bosco: ricordo, in passato, le meravigliose passeggiate al suo interno, esplosione di conoscenze a contatto diretto con un ambiente naturale ricolmo di profumi, suoni e colori.
Abbiamo provato a entrare di nuovo lo scorso anno; ci piaceva l’idea di sperimentare ancora, tutti insieme, piccoli e grandi, il contatto diretto con una zona non “manipolata” dall’uomo.
Avevamo raccontato ai nostri alunni di un punto all’interno del bosco, proprio a metà percorso, in cui si sarebbero imbattuti in una vasca contenente una proliferazione di girini.
Erano curiosi di arrivare lì.
Entusiasti, abbiamo iniziato il cammino.
Anche l’udito si è accorto di quella presenza divenuta, ormai, ingombrante ed invadente.
Hai ben voglia a richiamare l’attenzione sul canto degli uccelli tra le chiome degli alberi del bosco.
Il rumore proveniente dal nostro “dirimpettaio” (sansificio o inceneritore che sia), diveniva sempre più intenso man mano che si procedeva nel percorso.
Quel giorno non siamo andati avanti; abbiamo preferito tornare indietro per una serie di condizioni atmosferiche che ci impedivano una camminata serena e rilassata.
Ma ne sono stata felice.
Quella zona verde mi era sembrata fin da subito un non-luogo di esperienze naturalistico-ambientali, un non-bosco, una sorta di non-più-Natura.
Sentiamo le testimonianze degli abitanti di Treglio, ci giungono attraverso la voce dei nostri piccoli alunni.
Anche il tatto percepisce polvere e residui di strana natura.
Toccano con mano la presenza di un di più che invade, si poggia e sporca.
Raccontano della necessità di tenere i panni stesi “all’ombra” dell’interno delle loro abitazioni.
Ci preoccupa anche solo il fatto che raccontino: segnale di una infanzia “contaminata” nei suoi 5 sensi.
Per professione faccio la maestra.
Insegno ad una fascia di età che va dai 6 ai 10 anni.
Qualcuno saprà bene che l’insegnamento rivolto a bambini della Scuola Primaria è prevalentemente fondato su modalità di tipo esperienziale: si ha necessità di vedere, annusare, gustare, sentire e toccare con il proprio corpo.
Il ragionamento, poi, ne troverà i suoi benefici. Il pensiero astratto è questione da grandi.
I bambini lavorano con la superficie di una corporeità che è a stretto contatto con il mondo intero.
E ciò che tocca, direttamente e senza alcuna mediazione, questo involucro di carne e ossa di cui siamo fatti, va poi ad incidere la mente e il cuore.
Allora bisognerebbe stare molto attenti.
L’adulto di turno dovrebbe porre maggiore attenzione: meglio sarebbe utilizzare il sesto senso, quello che ti fa mettere da parte il tornaconto personale e ti fa fare un passo indietro da scelte scellerate, che vanno a danno di tutti, ma soprattutto dei più deboli e indifesi.
Abbiamo sentito dei possibili gravi danni alla salute che sansificio e inceneritore potrebbero arrecare. L’allarme arriva da più fronti e non possiamo non tenerne conto.
A noi insegnanti sta a cuore la crescita intellettiva dei nostri alunni: è il nostro compito specifico.
Non ci troviamo più in condizioni di poterlo fare al meglio, ultimamente.
Viviamo costantemente la contraddizione tra ciò che viene “detto e insegnato” e ciò che invece passa quotidianamente sotto i loro 5 sensi.
Chiediamo all’amministrazione comunale di intervenire in modo decisivo.
Chiediamo espressamente di porre fine a questa sommatoria di disagi “insalubri” e di permettere, una volta per tutte, di tornare a vivere dentro un “clima” salutare che garantisca un futuro sano e stimolante agli attuali alunni della Scuola Primaria di Treglio, a quelli che li hanno preceduti e a quelli che vi faranno parte negli anni a venire.
M. Concetta Bomba
 
 

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