Nella dimensione del dono...

Temo proprio di avere una venatura consumistica; e il peggio è che non riesco a pentirmene. Forse non è un grosso peccato, forse non è un peccato per niente. Peccato è venir posseduti dalle cose, non già liberamente possederle. È ben vero che col termine «consumismo » intendiamo, di solito, proprio il venire posseduti; e questo – è chiaro – è una grave mancanza di povertà e di libertà;ma consumismo viene da «consumare» che è un verbo nobile e denso. Consumare si dice del matrimonio, si dice del sacrificio e dell’eucaristia. Ed è in questo senso che dovremmo offrire e «consumare» le cose. Io amo molto la dimensione del dono; e non mi dite che questo è consumismo. Il dono è l’espressione tangibile di valori essenziali, quali il dare e il ricevere che sono alla radice dell’essere e della vita stessa del nostro Dio trinitario. Il dono significa generosità e umiltà, attenzione e accoglienza, distacco e gratitudine, senso dell’amicizia e del debito... No, non ditemi che tutto questo è consumismo. Consumistico sarà quel «dono» dispendioso e senz’amore che facciamo per adulazione, per ambizione, per prestigio e per calcolo. Ma questa è solo espressione di vanità, di  interesse, di astuzia; col dono vero non ha niente a che fare…   I doni veri mi piace farli e riceverli; e non so neanche quale delle due cose preferisca, ma forse, in quanto donna e in quanto povera, mi piace piú riceverli: confessare il bisogno e aprirmi all’accoglienza e alla riconoscenza: l’atteggiamento che abbiamo verso Dio e che è tanto bello, giusto e dolce avere anche verso gli uomini. Ricevere doni è ricevere amore, accoglierlo e scaldarlo, dentro di noi, come un piccolo seme concepito.
ADRIANA ZARRI

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