Provate a chiedere in giro cosa si intende per "amicizia"; si dà per scontato che tutti la desiderino, che ne abbiano bisogno, che la ricerchino: perchè la si immagina come la più sublime delle risposte al radicato bisogno umano di amare e di essere amati, il più gratuito tra i gesti dell'accogliersi, la parola più densa di senso dentro la comunicazione affettiva. Ma quando chiediamo all'altro: "cos'è per te l'amicizia?", scende un velo d'imbarazzo; la superficialità con la quale viviamo i nostri rapporti è così incarnata in noi che neppure più ricerchiamo ciò di cui abbiamo immensamente bisogno. La più desolante tra le risposte è quella legata alla logica del carpe diem, del vivere i legami di amicizia così come vengono, giorno per giorno, afferrando ciò che di piacevole la situazione è capace di instaurare, senza infastidirsi troppo, senza essere invadenti, senza rimando ad un futuro, senza la fatica del costruire, per evitare di "complicarsi la vita".
L'abate Aelredo di Rievaulx (sec. XII) è a buon diritto considerato il "dottore dell'amicizia"; scrive un trattato sull'Amicizia Spirituale (ed. Paoline), un classico della spiritualità cristiana, sotto forma di dialogo: "Eccoci qui, io e te, e spero ci sia un terzo in mezzo a noi, il Cristo. Non c'è nessuno che possa infastidirci, nessuno che possa interrompere il nostro conversare da amici: nessuno che arrivi con chiacchiere o fracasso a insinuarsi in questa piacevole solitudne. Coraggio, carissimo, apri il tuo cuore, versa quello che vuoi nelle orecchie di chi ti è amico: accogliamo con gratutudine il luogo, l'ora, la tranquillità del riposo".
Non uno scambio di vuote parole, non un intrattenersi per far scorrere velocemente il tempo della noia, non un ubriacarsi di vuote manifestazioni di adulazione: l'amicizia è il tempo dentro il quale si sta inginocchiati, nel gesto dell'abbandono totale, del porsi senza riserve, nella limpidezza del proprio essere, nello scrollarsi di dosso tutti gli orpelli di abbellimento, con la fiducia di essere accolti e la capacità di saper accogliere così come si è.
"Dice il Signore nel Vangelo: 'Non vi chiamo più servi, ma amici'...perchè 'vi ho fatto conoscere tutto quello che ho udito dal Padre'...Con queste parole, come dice sant'Ambrogio, 'ci ha dato un modello di amicizia da seguire: fare la volontà dell'amico, confidargli i nostri segreti e tutto quanto abbiamo nel cuore, non ignorare le sue cose più intime. Apriamoci a lui, e che egli ci apra il suo cuore. L'amico, infatti, non nasconde niente. Se è sincero, rivela il suo animo, come il Signore Gesù rivelava i misteri del Padre' ".
La sacralità del donarsi reciprocamente trasforma il colloquio amicale in una lode incessante che fonde due cuori in un unico bacio: "non è un contatto della bocca,...non è un congiungere le labbra, ma un fondere gli spiriti". E' "il bacio di Cristo, perchè è lui che lo dà, non direttamente con la sua bocca, ma con quella dell'amico, ed è lui che inspira in quelli che si amano quel santissimo affetto che li fa sentire uniti al punto da sembrare loro che in corpi diversi abiti una sola anima, il che fa loro dire con il Profeta: Come è bello e gioioso che dei fratelli vivano uniti (Sal 132,1)".
Una tale amicizia è rara, ribadisce più volte Aelredo, è tra le virtù più sublimi che ci avvicinano alla perfezione; non può essere vissuta con chiunque, necessita di uno scegliersi reciproco nella "benevolenza e nella carità", uno sperimentare quell'intesa nel sentire e nell'agire, stabile a tal punto che richiama l'immagine dell'eternità. "Infatti chi è amico ama sempre" (Prv 17,17).
"Quand'anche fosse rimproverato, insultato, dato alle fiamme, confitto in croce, chi è amico ama sempre; e, come dice il nostro san Gerolamo, 'un'amicizia che può spegnersi non è mai stata una vera amicizia' ".
L'uomo "solo" non è felice; quantunque l'amicizia sia difficoltosa da trovare, in coloro che non hanno messo a tacere l'esigenza interiore di gustare la beatitudine dell'amore vi è sempre la spinta a cercara: "Là non ci saranno più pensieri nascosti e amori finti. Questa è l'amicizia vera ed eterna, che comincia qui e si perfezione lassù; che qui è di pochi, perchè pochi sono i buoni; là sarà di tutti, perchè tutti saranno buoni".
M. Concetta Bomba ocds
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