La festa di Hanukkah è festa di luci - ben diverse da quelle proprie della nostra civiltà di luminarie - ben vicina alla celebrazione del venuta nel mondo della Luce vera che illumina ogni essere umano (cf. Gv 1,9). Una festa che ha la dimensione gioiosa della libertà ritrovata, ma che non dimentica la schiavitù e la persecuzione, subdola e violenta, della cultura normalizzatrice e egoista; che parla di fede adulta, ma che non dimentica di usare una trottola per prendersi gioco di chi presume di sapere tutto senza conoscere davvero nulla (perché solo amando si conosce, come in un abbraccio, l'Altro che viene); che, pur se nasce nel Tempio, raccoglie il suo alimento dall'olio dei colli e porta il suo chiarore dalle finestre delle case, per dare alle nostre strade la dimensione di un tempo nuovo, di un solo e pieno ottavo giorno di pace perenne, senza fine. Che l'inizio di gioia di questa festa ebraica faccia da preludio alla gioia del Natale vicino - perché, spente le luci fatue del nostro mondo, di questo tempo immobile e vuoto, possa riaccendere la speranza - virtù leggera e forte insieme, così come augurano le immagini di Chagall e le parole di Turoldo.
(M. Chagall, "Le tre candele", 1938-40)
Spuntino quali fiori le parole
sulle labbra finalmente gaudiose.
Eri vento impetuoso
sulle prime scogliere
del mondo. Eri colomba
uscita dalla nube eterna.
Voglio dispiegare laudi
al davanzale, tra cielo e mare.
Luce creante, luce
sostanza delle piante
degli uccelli in volo
festa del nostro pensare
del nostro guardare
le cose ogni giorno nuove.
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