Un uomo fra tutti gli altri




A Louisville, all’angolo tra la Quarta Avenue e Walnut, nel centro della zona dei migliori negozi della città, fui d’un tratto preso dall’idea che io amavo tutta quella gente, che mi apparteneva come io appartenevo a loro, che non potevamo essere estraniati gli uni dagli altri anche se di razze diverse. Era come svegliarsi da un sogno di separazione, di isolamento fittizio in un mondo speciale, il mondo della rinuncia e della pretesa santità. L’illusione di una santa esistenza appartata è un sogno. Non che io metta in dubbio la realtà della mia vocazione o della vita monastica, ma la concezione conventuale della “separazione dal mondo” si rivela troppo spesso un’illusione: l’illusione che pronunciando i voti religiosi si diventi una creatura di diversa specie, pseudo-angeli, “uomini spirituali”, uomini di vita interiore…
Questo senso di liberazione da una differenza illusoria fu per me un tal sollievo e una tale gioia che per poco non mi misi a ridere forte. Penso che la mia felicità avrebbe potuto esprimersi con le parole: “Grazie, o Signore, grazie di farmi essere come gli altri uomini, essere nient’altro che un uomo fra tutti gli altri”…
E’ un glorioso destino quello di appartenere alla razza umana, anche se è una razza dedita a tante assurdità e che commette errori terribili; eppure, con tutto questo, Dio stesso si è gloriato di farsi membro della razza umana. Membro della razza umana! E pensare che una nozione così comune sembrerebbe a prima vista l’annuncio che uno ha in tasca il biglietto vincente della lotteria cosmica.
Ho l’immensa gioia di essere uomo, membro della razza nella quale Dio si è incarnato. Come se le pene e le sciocchezze della condizione umana potessero sopraffarmi, ora capisco che cosa siamo. Lo capissero tutti! Ma è una cosa che non si può spiegare. Non c’è modo di dire agli uomini che essi camminano gloriosi e splendenti come il sole…Non esistono estranei!
Era come se all’improvviso avessi visto la segreta bellezza dei loro cuori, la profondità dei loro cuori dove non arriva né il peccato, né il desiderio, né la conoscenza di sé, l’essenza della realtà, la persona che ognuno di noi è agli occhi di Dio. Se tutti potessero vedersi come sono realmente, se potessimo vederci l’un l’altro sempre così, non vi sarebbe più guerra, più odio, più crudeltà, più cupidigia…Immagino che il grande problema sarebbe di prostrarci in adorazione l’uno dell’altro…
Al centro del nostro essere c’è un punto di nullità che rimane intatto dal peccato e dall’illusione, un punto di pura verità, un punto o scintilla che appartiene interamente a Dio, che non è mai a nostra disposizione, dal quale Dio dispone della nostra vita, che è inaccessibile alle fantasie della nostra mente e alle brutalità della nostra volontà.
Questo piccolo punto di nullità e di povertà assoluta è la gloria pura di Dio in noi. E’, per così dire, il Suo nome scritto in noi, come la nostra povertà, la nostra indigenza, la nostra dipendenza e la nostra figliolanza. E’ come un diamante puro che risplende della luce invisibile del cielo. E’ in tutti, e se potessimo vederlo, miliardi di punti di luce simili allo splendore di un sole farebbero svanire ogni oscurità e crudeltà della vita dalla faccia della terra…Non ho un programma per questa visione: è un dono. Ma la porta del cielo è in ogni luogo.

Thomas Merton
(Diario di un testimone colpevole)

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