“Non è forse l’attesa del piacere l’essenza
del piacere stesso?”
Lessing
Che si possa
essere impazienti (e pure tanto!) ci sta. Ci sta la voglia di lasciarsi, e
lasciare, travolgere dall’immediatezza di un evento, di un volto, di una circostanza
che giunge scatenando il desiderio del “gettarsi” dentro senza voltarsi
indietro, senza quell’attimo di sosta ragionata che frena il passo bloccandone
lo slancio.
L’irrefrenabile
gesto del consumare tutto e subito dice di quel movimento di incessante ricerca
di una pienezza che pare essere divenuta “fantasma evanescente”, bestia rara.
Come dire: desidero il tutto, ma finisco per accontentarmi di brandelli di
niente.
La realtà è
estremamente deludente: verità sacra appresa e sperimentata passando da un
libro a una esperienza vissuta, per tornare a un altro libro correlato da una
ulteriore esperienza vissuta, senza sosta.
Eppure quel
desiderio nobile del “tutto” permane.
E’ come un
gioco, come mettersi a giocare nella stessa identica maniera dei bambini. Avverti la spinta, ti metti “insieme”, si
decide il gioco (ma potrebbe essere qualunque), se ne stabiliscono le regole e
già, dico “già”, gusti il piacere che promana dall’attesa di iniziare a
giocare.
E' tutto lì.
Sta in quell’istante in cui afferri un possibile sviluppo futuro di una
circostanza che ti fa l’occhiolino, ti seduce, ti condiziona pensieri e
emozioni anche se non sai , ancora, dove sarà in grado di condurti.
Il tutto,
quel Tutto verso cui si anela, nostro malgrado, te lo ritrovi impastato nella
terra, dentro quella strada che percorri, proprio quella, e non u’altra.
E ti
meraviglia il fatto che non hai avuto bisogno di cercarlo, è sempre stato lì,
in attesa che tu lo fissassi negli occhi.
Una coperta
per terra, un mettersi intorno, fermi, in attesa di iniziare il gioco: una
intensa sensazione di piacere…
M. Concetta Bomba
Se ricordi, ho scritto nel mio libro "Prima che scenda la notte" un aforisma: cosa resterebbe della nostra felicità senza l'immaginazione?
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