Nel febbraio 2003 l'Archivio vaticano ha reso accessibile la visione di alcuni documenti riguardanti l'atteggiamento della Chiesa cattolica nei confronti delle leggi antisemite del governo di Hitler. Tra i documenti è presente una lettera che E. Stein scrisse a papa Pio XI durante la settimana santa che trascorse nell'abbazia benedettina di Beuron. Da settimane siamo spettatori in Germania, di avvenimenti che comportano un totale disprezzo della giustizia e dell'umanità, per non parlare dell'amore verso il prossimo. E' in atto una grave azione criminale da parte di un nutrito numero di persone, la stessa aberrante azione d'ingiustizia e sopraffazione presente in ogni luogo e in ogni tempo della nostra storia che richiede, allora come oggi, un intervento attivo ed efficace. Edith Stein avverte la necessità di "fare qualcosa", vuole incontrare personalmente il papa, ma le viene negata un'udienza privata: è ostinata nel proposito di rompere quel silenzio della Chiesa che pericolosamente potrebbe trasformarsi in passiva accettazione, se non in tacito consenso, di fatti disumani. Si rivolge al papa con una lettera: si muove, fa ciò che è in suo potere di fare, avverte quella responsabilità nei confronti della realtà, che ogni uomo dovrebbe sempre tenere desta, di intervenire in qualche modo per aiutare il fratello. Noi tutti che come figli fedeli della Chiesa guardiamo l'attuale situazione in Germania, temiamo il peggio per l'immagine mondiale della Chiesa stessa, se il silenzio si prolunga ulteriormente. Siamo anche convinti che questo silenzio non può alla lunga ottenere la pace dell'attuale governo tedesco. Di fronte a qualunque tipo di sfruttamento, di violenza, di ingiustizia, di atti criminali che inducono popolazioni inermi a sopportare e a soccombere sotto la prepotenza di cuori induriti, non si può tacere! La moltitudine di coloro che sono uniti nel nome di Cristo, nel segno dell'amore vicendevole, dovrebbe avvertire l'urgenza di invocare nei propri luoghi di preghiera lo zelo per poter, poi, concretamente operare laddove vede, agonizzante, Cristo sofferente. Troppo spesso ci lasciamo esaltare dai nostri raduni di preghiera, dai numerosi pellegrinaggi in luoghi santi, dai ritiri che accuratamente ci organizziamo e ne veniamo fuori senza la capacità di espandere quel fuoco d'amore che abbiamo invocato; ciechi di fronte alle situazioni di "miseria" che ci passano quotidianamente sotto gli occhi, sosteniamo la squallida causa del nostro tornaconto personale. Nella Germania di Hitler molti ebrei, nell'angoscia di una persecuzione insostenibile, si tolgono la vita ed E. Stein accusa di questo anche coloro che restano inattivi:solo nel mio ambito privato sono venuta a conoscenza di ben 5 casi di suicidio a causa di persecuzione. Sono convinta che si tratti di un fenomeno generale che provocherà altre vittime. Si può ritenere che gli infelici non avessero abbastanza forza morale per sopportare il loro destino. Però se la responsabilità è in gran parte di coloro che li hanno spinti a tale gesto, essa ricade anche su coloro che vogliono tacere. Da questa situazione storica emerge, nello stesso tempo, la missione di carmelitana di Edith Stein, il suo desiderio di divenire cellula orante nel cuore della Chiesa: l'azione si unisce all'invocazione per trasformarsi in accettazione del martirio. In un dialogo intimo con Cristo, nel venerdì santo del 1933, dopo aver già scritto la sua lettera, si unisce alla Passione del Salvatore nel desiderio di portare la sua Croce insieme a Lui. Parlai con il Redentore dicendogli che sapevo bene che era la sua Croce che ora veniva posta sul popolo ebraico. La maggior parte non lo comprendeva, ma quelli che avevano la grazia d'intenderlo dovevano volontariamente prenderla su di sé in nome di tutti. Io desideravo farlo: Egli solo doveva mostrarmi come. Quando l'Ora Santa ebbe termine, avevo l'intima certezza di essere stata ascoltata. Ma in che cosa dovesse consistere quel portare la croce, non lo sapevo ancora, ma tutti sappiamo che morirà in una camera a gas offrendosi come vittima di espiazione per il popolo ebraico. La Chiesa di Cristo deve far udire la sua voce, denunciare apertamente ogni atto di violazione della dignità umana e intervenire concretamente nel portare quel sollievo, quel soccorso, quell'amore misericordioso che la presenza di Gesù ispira nei nostri cuori nei momenti di intimo colloquio, nel tempo dell'orazione, nel luogo della nostra "fortezza". Maria Concetta Bomba ocds |
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