Diaologo a Tre


Nella solennità della SS. Trinità, che celebriamo nella domenica successiva a quella di Pentecoste, siamo chiamati a sostare in contemplazione del mistero trinitario. Un mistero che la ragione umana non può afferrare e tuttavia questo Dio che ci sembra lontano ed incomprensibile, che è “un solo Dio, un solo Signore non nell’unità di una sola persona ma nella Trinità di una sola sostanza” (Prefazio Trinità), ebbene questo Dio cerca l’uomo e si rivolge all’uomo, fino ad entrare nella sua storia. E‘ quanto ci ricorda il libro del Deuteronomio: “Vi fu mai una cosa grande come questa e si udì mai cosa simile a questa? Che cioè un popolo abbia udito la voce di Dio parlare dal fuoco, come l’hai udita tu, e che rimanesse vivo?”(Dt 4,32-33) Il Dio di Israele è un Dio che entra in dialogo con il suo popolo, che è al suo fianco e che vuole la sua felicità. Oggi la vera felicità è rara e l’uomo è schiacciato dall’angoscia. Ma qual è l’angoscia degli uomini della nostra epoca? E’ il sentirsi consegnati al nulla, alla morte come fine di tutte le speranze. Per molti pensatori contemporanei l’uomo è un essere votato all’infelicità. Sartre ha affermato che “l’uomo è una passione inutile”. Ora nella Trinità, principio di tutta la creazione, possiamo capire il significato del nostro essere, cogliere, per utilizzare una terminologia filosofica, la struttura ontologica dell’uomo. Noi siamo essenzialmente relazione e perciò solo nell’amore che ci lega agli altri e a Dio viene soddisfatto quel desiderio di felicità e di compiutezza che è inscritto nella nostra natura. E’ la Trinità, nel cui grembo siamo stati inseriti sacramentalmente con il battesimo, che ci dona la vita, sottraendoci ad un destino di morte. E’ questo il significato profondo del mandato di Gesù agli undici: “Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”(Mt 28,19). Letteralmente il testo greco andrebbe tradotto con l’espressione “immergere dentro il nome”, “immergere nel nome”. Ora nel linguaggio biblico il nome indica la persona, innanzitutto in quanto conosciuta. Immergere nel nome significa dunque inserire in una relazione personale ed è ciò che accade nel Battesimo con cui l’essere umano è introdotto nel dialogo d’amore delle tre persone divine e ricevendo lo Spirito può chiamare Dio Abbà, Padre. Siamo qui posti innanzi ad un fatto tanto sublime ed affascinante cui riusciamo ad avvicinarci solo quando andiamo oltre la ragione per vivere un’esperienza di Dio tanto profonda da fare della preghiera il respiro della nostra vita. Solo allora possiamo comprendere qualcosa della Trinità, entrando in questo “fuoco e abisso di carità” (S. Caterina da Siena). Solo allora ci diventano comprensibili le suggestive parole di una mistica del XIII secolo, Gertrude di Helfta: “O amore, tu sei, nella santa Trinità, il dolcissimo bacio che unisce in modo così stretto il Padre al Figlio. Tu sei quel bacio di salvezza che la maestà divina ha impresso sulla nostra umanità mediante il Figlio”.
Quando la relazione con il Dio trinitario diventa il centro della nostra esistenza tutto si trasforma, dalla sfera individuale a quella sociale. Facciamo un esempio per rendere il discorso meno astratto, più concreto. Una società capace di articolarsi secondo il modello della comunione trinitaria sarebbe diversa fin nelle sue strutture economiche, passando dall’economia del profitto e della finanza, che affama i popoli e calpesta la dignità della persona, ad un’economia, dove il lavoro sarebbe un atto d’amore, dentro uno spazio di condivisione fraterna della stessa ricchezza prodotta con il proprio ingegno e la propria fatica. Uno spazio di comunione reale dove non potrebbe mai attecchire quella cupidigia che è all’origine della stessa crisi economica che oggi sta gettando tante famiglie, anche nel ricco Occidente, sempre più “terra del tramonto”, in una dolorosa incertezza circa il loro futuro.
Nonostante i tempi difficili che stiamo attraversando, non possiamo lasciarci vincere dalla tristezza e dal nero pessimismo. Dobbiamo essere sempre più consapevoli che Gesù è con noi tutti i giorni fino alla fine del mondo ed è in Gesù che la Trinità si rivela, si manifesta per liberarci da ogni forma di paura e schiavitù. Con la liturgia di oggi siamo gettati in una storia di amore, dove si narra l’evento inaudito di un Dio che si è innamorato della sua creatura. Di fronte a questo amore l’unica risposta adeguata è quella dello stupore adorante che ci consenta di far nostre le parole della Beata Elisabetta della Trinità: “O miei Tre, o mio Tutto, mia Beatitudine, solitudine infinita, Immensità in cui mi perdo, mi consegno a voi come una preda. Seppellitevi in me perché io mi seppellisca in voi, in attesa di venire a contemplare nella vostra luce l’abisso delle vostre grandezze”.


Amedeo Guerriere ocds


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