Passione per la realtà




...una riflessione pubblicata sul blog della casa editrice EMI: "Il mondo in punta di piedi"...

Abbiamo bisogno di “liberazione”; l’uomo di ogni tempo necessita dell’intervento di qualcuno o di qualcosa che lo liberi. Perché “l’uomo di sempre” desidera profondamente la felicità, ma si prostituisce facilmente all’idolo di passaggio. Non che a farla da padrona nelle scelte di vita sia una sorta di ingenuità, che tutto abbraccia con lo sguardo di chi è incapace di riconoscere il marcio dentro le situazioni che allettano. Piuttosto ci si ritrova con le idee un po’ confuse, di chi anela al tutto, ma finisce per impastarsi con il niente. Stiamo in mezzo a tante persone, ma ci sembra di scontrarci con fantocci senza volti; gente artefatta, chiusa in se stessa, gelosa nel custodire i propri segreti, attenta a non lasciar trapelare all’esterno le proprie debolezze, i propri limiti, il bisogno dell’uomo di essere compreso, aiutato ed amato. E non solo. Presi da una sorta di paranoia collettiva siamo “sospettosi” nei confronti di chiunque; soprattutto di chi ci si approssima con la sua sofferenza, mendicante compassione e misericordia. Siamo capaci di provare solo sentimenti che siano palliativi delle nostre ansie ed insoddisfazioni, emozioni ricercate per scacciare la noia, trasporti affettivi utilizzati come efficaci cure antidepressive: come se il gesto gratuito del donarsi fosse una grande perdita di tempo. Abbiamo bisogno di invocare la “liberazione” dall’egoismo, dall’infantilismo, dall’immaturità, dall’incapacità di vivere nella semplicità, nevrotizzati dall’ansia del primeggiare sugli altri.


E’ questo il Regno di Dio? Eppure l’eternità è incarnata nel presente; l’oggi è la nostra occasione, il tempo da santificare, il momento scelto dal Padre per venirci incontro, il luogo del nostro riscatto, il corpo di Chi giunge a donarci liberazione: “ascoltate oggi la sua voce: non indurite il vostro cuore”.


I teologi della liberazione, forti del contatto con un popolo che vive le ingiustizie del Primo Mondo, invitano ad abbracciare un cammino di santità più concreto, che scaturisce dalla “passione per la realtà”, “una santità che esce da se stessa per andare in cerca dei fratelli. Non ha come obiettivo il raggiungimento della propria perfezione, la perfezione del proprio io, ma il conseguimento della ‘vita in abbondanza’ (Gv 10,10) per i fratelli. E’ una santità tutta rivolta fuori di sé verso il progetto di Dio per la nostra storia…Una santità che non rifugge dalla lotta, dalla modernità, dalla città…solo che le affronta a partire dallo Spirito…Una santità ‘fuori le mura’, nel mondo: in mezzo al mondo che Dio ha tanto amato (Gv 3,16), il mondo nel quale Dio ha mandato il proprio Figlio per salvarlo (Gv 3,17), il mondo nel quale Dio invita anche noi (Mt 28,19)”.


Questo mondo, sotto molti aspetti, non ci piace: lo critichiamo, ce ne allontaniamo e, a volte, lo eclissiamo, rifugiandoci dentro oasi felici, miraggi di comunità con le porte sprangate e le finestre murate, dove nulla di ciò che è reale ha libero accesso. Qualunque tipo di fuga non può essere il frutto della fede che dona sempre uno sguardo contemplativo sulla realtà, un riconoscere la storia della salvezza nello svolgimento della trama del quotidiano.
Ecco, allora, che la santità che ci viene richiesta è “una santità dello ‘stare nel mondo’, dell’essere mondo, senza essere del mondo cattivo. Stare nel mondo con i piedi ben poggiati per terra, col desiderio vivo che il mondo sia diverso, che il mondo diventi Regno…Non è una santità che cerchi di ‘salvarsi dal mondo’, neppure di ‘salvarsi nel mondo’, ma che cerca di ‘salvare il mondo’ “.


Cerchiamo di capire come muoverci dentro questa realtà; spesso ci perdiamo e allora ci affidiamo ad una “guida spirituale” e veniamo invitati ad operare una “conversione del cuore”: se la società è ingiusta sotto vari aspetti, se mostra sempre più un volto disumano, insensibile nei confronti della sofferenza, della povertà, dei problemi degli ultimi, se è riuscita ad obliare la nostra coscienza, se ci ha resi insensibili, chiusi, egocentrici, allora non basta convertire solo il nostro cuore, ma è indispensabile operare una conversione della società intera, a livello di strutture.
Poiché noi tutti aspiriamo a vivere in un mondo che incarni lo spirito della pace, della giustizia, della misericordia, della libertà, della vita, del perdono, della fraternità, dell’amore: il Regno di Dio!
Il Regno di Dio non intende essere un altro mondo, ma questo vecchio mondo trasformato in nuovo, per gli uomini e per Dio stesso: ‘nuovi cieli e nuova terra’ “.
Prendiamo su di noi la causa di Cristo, la realizzazione del suo Regno, già su questa terra; trasformiamoci in donne e uomini nuovi, capaci di fare in modo che Dio regni in ogni cosa, in tutte le situazioni, dentro ogni istante delle nostre giornate. Che la realtà stessa, sotto tutti i suoi aspetti, possa divenire un roveto ardente da contemplare: “seguitiamo perciò a innalzare il grido più vero che mai sia risuonato in questo mondo: venga il tuo regno! Passi questo mondo e venga il tuo regno! Vieni, Signore Gesù”.
(citazioni tratte dal saggio di Pedro Casaldaliga e José M. Virgil, Spiritualità della liberazione, Cittadella Editrice)

M. Concetta Bomba

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