RIFLESSIONI SULL’EUCARESTIA…


…leggendo Arturo Paoli, “Prendete e mangiate”, edizioni la meridiana…

Un gesto così tangibile come quello dell’Eucarestia, il ritrovarsi intorno ad un’unica mensa, e mangiare e bere insieme, può ancora essere considerato esclusivamente come un rituale che devotamente si ripete senza che ci sia qualcuno disposto a dirci che c’è dell’altro?
Ripetiamo ogni volta le stesse formule, talmente fissate nella memoria da fuoriuscire dalle nostre bocche come parole che fluttuano liberamente nell’aria distrattamente pronunciate.
Siamo stati talmente educati a concentrare la nostra attenzione sulla presenza reale di Gesù nell’Eucarestia da aver smarrito la Sua presenza nella storia, in questa storia, fatta di esseri umani, un popolo che esige di essere trasformato in umanità nuova attraverso un progetto d’amore che chiede di essere accolto e realizzato da ognuno.
Ma non comprendiamo bene.
Come quando diciamo: “Signore non sono degno di partecipare alla tua mensa”, che “non vuol dire che dobbiamo espiare perché siamo peccatori, ma che non sono degno perché ho paura di darmi, non ho ancora scoperto gli altri. Non sono degno perché mi avvicino a te fratello -uomo per gli altri quando non sono uomo per gli altri, ma per me stesso”.
Come quando ascoltiamo: “fate questo in memoria di me”. Ancora non comprendiamo, facciamo fatica a capire le implicazioni di una tale esortazione.
“Fate questo…”, offritevi, datevi, siate esseri umani per gli altri, così come sto facendo, ora, io per voi.
“In memoria di me…”, per continuare la mia umanità, per trasformare la storia umana, trafitta da guerre, discordie, violenze, inimicizie, in Regno di pace, d’amore e libertà.
“Non andiamo all’Eucarestia per essere consolati, ma per trasmettere nel mondo questa dinamica di amore e di liberazione…per portare a termine il nostro impegno di consacrati al Regno di Dio” .
Ci “gettiamo” nell’Eucarestia con tutto il carico dei nostri progetti falliti, delle delusioni accumulate, dei desideri non realizzati: un pacchetto ben confezionato del nostro “io” con tutti i suoi elementi costitutivi da ripulire…e si “mangia l’ostia” con lo stesso atteggiamento di chi prende un farmaco e poi rimane lì, in attesa che faccia effetto.
E certe Eucarestie vengono pure pagate per liberare i propri parenti defunti dal “contrattempo” del purgatorio: e così paghiamo le nostre “mazzette” a Dio come se fosse alla pari dei nostri corrotti governanti.
“La grande novità è rendersi conto che Gesù ti assume, e in questa assunzione ha bisogno di te per continuare l’obbedienza al Padre. Come diceva Teilhard de Chardin nella bellissima espressione ‘ha bisogno di te per amorizzare il mondo’, per fare di questo mondo diviso un mondo di amore, fraternità, convivenza pacifica. Ha bisogno di te, per questo ti assume. E l’atto eucaristico è il momento solenne di questa assunzione, lui ti prende, ti fa suo, ti comunica il suo spirito, non per parole ma per simbiosi, per comunicazione di vita. E ti libera, cioè ti aiuta ad essere uomo, liberandoti dal tuo egoismo, ti fa altruista e non egocentrico”.
Così comprendi che nel prendere e mangiare accogli e realizzi il tuo essere per gli altri. E quando qualcuno ci ripete che si va a messa per “ricevere Gesù”, ci dice una “mezza verità”, poiché “non dice ‘sei tu che vai ad offrirti’ per amore per gli altri, vai a darti all’uomo per gli altri. Gesù vuole formare persone come lui”.
Intorno ad un’unica mensa: mi guardo attorno e non mi ritrovo da sola; accanto a me la presenza di altri mi spinge ad oltrepassare le barriere del mio egocentrico mondo, il comodo spazio dentro il quale trovo le mie soddisfazioni, la realizzazione di desideri tanto impellenti quanto inutili ed evanescenti.
L’Eucarestia “non serve a farmi santo da solo, a farmi buono, pulito dentro, persona onorata, ma mira a rendermi persona responsabile degli altri, serve a liberarmi dalla mia chiusura egoistica, dal mio narcisismo, dal mio egocentrismo. Altrimenti l’Eucarestia perde senso, gusto, valore! San Paolo spiega che l’Eucarestia può diventare anche simbolo di morte, e ciò accade quando ti sei dimenticato che nella tua comunità c’è qualcuno che muore di fame, mentre tu hai il mal di fegato perché hai mangiato troppo!”.

M. Concetta Bomba ocds


Commenti

  1. "Siamo stati talmente educati a concentrare la nostra attenzione sulla presenza reale di Gesù nell’Eucarestia

    Proprio cosi siamo stati educati, ma non ci siamo mai preoccupati di andare a verificare, di persona, se quello che ci hanno tramandato corrispondesse a verità, come fecero le persone di Berea a cui Paolo andò a predicare Atti 17:11 "Questi erano di sentimenti più nobili di quelli di Tessalonica ed accolsero la parola con grande entusiasmo, esaminando ogni giorno le Scritture per vedere se le cose stavano davvero così".

    Allora cominciamo con il termine “eucarestia “ dal greco Єύχαριστία “rendimento di grazia “ χαρισ “grazia” che dal greco “eucaristo” significa “rendere grazie”, e cerchiamo di rivedere, cosa accadde nell’ultima cena attraverso l’unica vera testimonianza che abbiamo …la Sacra Scrittura.
    In Matteo 26:26-29: “Mentre mangiavano Gesù prese il pane e pronunciata la benedizione, lo spezzò lo diede ai discepoli e disse:prendete e mangiatene, questo è il mio corpo; poi prese il calice e dopo aver reso grazie, lo diede loro e disse: bevetene tutti perché questo è il mio sangue dell’ alleanza, versato per molti in remissione dei peccati. Io vi dico che da ora in poi non berrò più di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi nel regno del Padre mio”. (anche in Luca 22:15-20 e Marco 14:22-25).
    Gesù chiamò il contenuto del calice “frutto della vite”, cioè vino, che non è cambiato, dopo la benedizione, diventando il suo sangue, ma solo, simbolicamente, lo rappresenta. Ma anche il pane rimane tale cioè pane infatti in Giov. 13:18 “ …colui che mangia il pane con me ha levato contro di me il suo calcagno”.
    Quindi era pane quello che stavano mangiando nell’ultima cena ed era vino quello che stavano bevendo.
    È solo una similitudine. Una mente libera da preconcetti e condizionamenti non troverà difficile comprendere la connessione dei vari discorsi di Gesù, nei vari passaggi con l’unico elemento necessario, ovvero credere in Gesù per essere salvati

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  2. seconda parte
    Gesù chiamò il contenuto del calice “frutto della vite”, cioè vino, che non è cambiato, dopo la benedizione, diventando il suo sangue, ma solo, simbolicamente, lo rappresenta. Ma anche il pane rimane tale cioè pane infatti in Giov. 13:18 “ …colui che mangia il pane con me ha levato contro di me il suo calcagno”.
    Quindi era pane quello che stavano mangiando nell’ultima cena ed era vino quello che stavano bevendo.
    È solo una similitudine. Una mente libera da preconcetti e condizionamenti non troverà difficile comprendere la connessione dei vari discorsi di Gesù, nei vari passaggi con l’unico elemento necessario, ovvero credere in Gesù per essere salvati
    Gesù parla spesso per similitudini; ad esempio ad una donna samaritana, che stava attingendo l’acqua al pozzo, disse in Giov.4:13 “chi beve di questa acqua avrà di nuovo sete, ma chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna”. Qui Gesù afferma che la vita eterna si ottiene bevendo l’acqua che lui ci darà. Eppure Gesù non aveva acqua con sé. Ma è chiaro che l’acqua rappresenta il suo insegnamento, la sua parola, che se seguita e messa in pratica, ci porta alla vita eterna
    Ma cosa insegna la chiesa cattolica nel suo catechismo?

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  3. terza parte
    Ma cosa insegna la chiesa cattolica nel suo catechismo?
    Il catechismo della chiesa cattolica, un volume di circa 900 pagine, è l'esposizione ufficiale degli insegnamenti della Chiesa cattolica, rappresenta l'interpretazione che i cosi detti padri della Chiesa ne hanno dato della Sacra Scrittura. ……Vediamo cosa dice il ccc a proposito dell’ultima cena

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  4. quarta parte
    Il capitolo 6 di Giovanni a cui si fa riferimento il catechismo parla di ciò che Gesù insegnava nella sinagoga a Cafarnao e va letto tutto anche perché questo accadeva prima di istituire la cosi detta “eucarestia”.
    In Giov. cap. 6 iniziando dal vers. 26 “procuratevi non il cibo che perisce, ma quello che dura per la vita eterna, e che il Figlio dell’uomo vi darà.….vers. 32 …..Gesù rispose loro “in verità in verità vi dico non Mosè vi ha dato il pane dal cielo ma il Padre mio vi dà il pane dal cielo; il pane dal cielo è colui che discende dal cielo e da la vita al mondo; vers. 35 io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete…….vers. 40 questa infatti è la volontà del Padre mio, che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna, io lo resusciterò nell’ultimo giorno….vers. 47 “In verità in verità vi dico: chi crede ha la vita eterna” vers. 48 “io sono il pane della vita”; vers. 51 io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo….i giudei si chiedevano: come può costui darci la sua carne da mangiare? vers. 57….come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, cosi anche colui che mangia di me vivrà per me….vers. 58…..chi mangia questo pane vivrà in eterno. vers. 59 Queste cose disse Gesù, insegnando nella sinagoga a Cafarnao e molti dei suoi discepoli dopo aver ascoltato, dissero: questo linguaggio è duro ; chi può intenderlo? Gesù disse loro: … “è lo spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che vi ho detto sono spirito e vita”…vers. 68 …rispose Simon Pietro: Signore da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna

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  5. Quindi, quando Gesù dice: “chi mangia il pane disceso dal cielo”, “chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha vita eterna”, semplicemente intende dire che chi crede in Lui, nella sua opera e segue il suo insegnamento avrà vita eterna; infatti dice al vers.35 “chi viene a me non avrà più fame” e non dice chi mangia me, il “non avrà più fame” non è inteso in senso fisiologico ma nel senso che ascoltando le sue parole e seguendo il suo insegnamento non avremo bisogno di nient’altro per raggiungere la vita eterna. Continua vers. 35 “chi crede in me non avrà più sete” e non chi beve il mio sangue. A conferma di ciò leggiamo ancora in Giov. 8:51 “in verità vi dico : se uno osserva la mia parola, non vedrà mai la morte”.

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  6. "Il momento che direi problematico per me è quello della distribuzione di quei dischetti leggeri che devo proteggere da correnti di vento, che devo affidare con la formula "corpo di Cristo". Mi tornano in mente i versetti di Tommaso, poeta dell'Eucarestia: "sumunt boni, sumunt mali", la accolgono i buoni e i cattivi, per gli uni è vita e per gli altri è morte. Non mi preoccupano i cattivi che forse (per lo meno alcuni), colpiti dalla Parola e illuminati, potranno appropriasi delle parole che tutti, dal celebrante all'ultimo di coloro che assistono, devono dire: Signore, non sono degno. I cattivi possono fare di queste parole il pianto dell'anima. Ma mi invade la tristezza pensando che i più sono gli indifferenti, gli habitués. E lì come servitore della Chiesa, sento in me un conflitto mai risolto. La chiesa ha messo dei divieti spesso poco comprensibili, e poi ha fatto tanto estensivo e facile l'uso dell'Eucarestia che è usata spesso, troppo spesso, come un calmante delle cefalee. Mi sento meno in conflitto quando distribuisco l'Eucarestia ai poveri del Brasile fra cui alcuni restano seduti, non si alzano a ricevere il Corpo del Signore. So che i poveri non sono del tutto i buoni di Tommaso, ma sono certamente i più vicini al senso dell'Eucarestia "memoriale mortis Domini", ricordo della morte sulla croce. So che io come celebrante sono tanto indegno quanto i miei fratelli dell'assemblea, ma forse ho maggiore coscienza di quello che voleva dire Gesù a noi, all'umanità - prendete e mangiate. Mettete la tenerezza di Dio nella vostra storia troppo piena del sangue dei vostri fratricidi, ininterrotti da Caino in poi, perché diventi storia di fraternità".

    Arturo Paoli
    (Prendete e mangiate, edizioni la meridiana, p.28)

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