Viaggio a Lisieux



Teresa è nata ad Alençon il 2 gennaio 1873, ma la sua breve esistenza l’ha vissuta a Lisieux, piccolo paese della Normandia dove si trasferisce con tutta la sua famiglia in seguito alla morte della madre. Va a Lisieux chi ha conosciuto Teresa, chi ne ha letto la “Storia di un’anima”, chi dalla vita ha ricevuto la grazia di scontrarsi con la sua personalità tanto fragile e tanto determinata da scuotere dal torpore e dalla tiepidezza, che ci sono tanto care. Si giunge a Lisieux per cercare Teresa, per incontrarla, per avvicinarla: un cuore inquieto ha maggiormente bisogno di chi lo guidi per un percorso sicuro personalmente sperimentato, calorosamente raccomandato. Arrivando a Lisieux, dalla stazione ci si ritrova ai piedi del paese edificato su una collina: l’impressione iniziale è che si sta in un luogo che non mostra nulla di eccezionale, tranne l’imponente Basilica collocata sul punto più alto, quasi a voler chiarire, subito, al pellegrino, che dentro quella monotona normalità Teresa ha costruito la sua Reggia.
Teresa giunge a Lisieux all’età di quattro anni per vivere nel quartiere dei Buissonnets (Boschetti), in una villetta di periferia circondata dal verde. Entrando in questa casa si trovano i segni di tutti gli avvenimenti che hanno preparato il cuore della futura carmelitana: il camino davanti al quale ha ricevuto la grazia della conversione, la camera della lunga e “strana” malattia dello sconforto, dello scoraggiamento e della guarigione miracolosa operata dal sorriso della Vergine, gli oggetti dell’infanzia, i giochi, alcuni abiti. Attraverso una vetrata colpisce, poggiato su uno scrittoio, un grande crocifisso nero, quello di fronte al quale, con le ginocchia piegate, ha guadagnato la conversione del suo primo figlio, il criminale Pranzini: “era salito sul patibolo e si apprestava ad infilare la testa in quel lugubre foro, quando improvvisamente, colto da un’ispirazione repentina, si gira, afferra il Crocifisso che il cappellano gli porge e bacia per tre volte le piaghe santissime!...Dopo questa grazia unica, il mio desiderio di salvare le anime crebbe ogni giorno: mi sembrava di udire Gesù che mi diceva, come alla Samaritana, ‘Dammi da bere’ “. Si esce dalla casa dei Buissonnets in punta di piedi, come si fa quando, entrando in una grande cattedrale affollata, si scorge la cappella dove è deposto il S. Sacramento che invita al silenzio e alla preghiera. La casa è il luogo della vita, dove ci si sente al sicuro, dove si sperimenta la tenerezza dell’affetto familiare, quando non viene atrocemente negato, la casa è lo spazio che alimenta la capacità di amare e la voglia di essere amati, la stessa voglia che Teresa capta nel cuore di Gesù, e che tenacemente cerca di soddisfare: “volevo dar da bere al mio Diletto”! Il luogo dell’infanzia diviene il suo primo Carmelo, il posto dentro cui si intrattiene con il suo Amato imparando il linguaggio dell’amore, mendicando la felicità beata per gli altri che le stanno a cuore.
Ridiscendendo dai Buissonnets si incontra la Cattedrale di San Pietro, la parrocchia della quale faceva parte. Una targa indica la cappella dove assisteva alla messa ogni mattina prima del suo ingresso al Carmelo: “il mio cielo è nascosto dentro la piccola ostia in cui Gesù, il mio Sposo, si vela per amore”. L’incontro con Gesù Eucaristia accresce il fiducioso abbandono di Teresa tra le braccia del Padre: “anche quando non comprendo nulla degli avvenimenti, sorrido, dico ‘grazie’, compaio sempre contenta davanti al buon Dio”. C’è una parola che si ode come un ritornello nel ripercorrere i luoghi della piccola Teresa, “Confiance”: fiducia, affidamento, confidenza, il mezzo privilegiato per raggiungere le vette dell’Amore. Nell’animo ci sono i dubbi, le ribellioni, le proteste, le pretese: c’è il proprio miserevole “io” che orgogliosamente rifiuta di compiere l’atto del sublime abbandono. Ciò che un bambino compie con estrema naturalezza, capace, cioè, di addormentarsi tra le braccia della madre, senza chiedersi dove è condotto e per quale strada, l’uomo della maturità non sa più farlo e Teresa ci sussurra nell’orecchio, discretamente: “è la fiducia, nient’altro che la fiducia che deve condurci all’Amore”.
A quindici anni entra nel Carmelo di Lisieux, per sempre: Teresa cerca quella stabile dimora dove immortalare il suo amore per Gesù. A Lui si dona senza riserve e, in un colloquio continuo, domanda di essere bruciata dal suo amore fino a diventarne “martire”, con l’unico desiderio di Amarlo e farlo Amare: “attirami, noi correremo”, poiché coloro che abbiamo nel cuore sono condotti con noi nel cuore di Gesù, “come un torrente” che tutto trascina, la propria vita con i propri tesori. A Lisieux c’è sempre qualcuno che prega dentro la Chiesa del Carmelo, in un silenzio misterioso: davanti ad una grata ci si può inginocchiare di fronte all’urna che contiene le reliquie di Teresa. Sull’urna si leggono le sue parole: “Je veux passer mon ciel à faire du bien sur la terre” (voglio passare il mio cielo a far del bene sulla terra)! Questo è il luogo della “raccolta delle offerte”, dove il pellegrino sosta per donare ciò che affligge e ciò che dà gioia a colei che assicura amorosa intercessione continua.
A ventiquattro anni, il 30 settembre 1897, muore di tubercolosi. Al suo funerale partecipano meno di venticinque persone, ma molto rapidamente, da tutto il mondo, accorrono per mendicare direttamente alla sorgente: viene, così, costruita la Basilica, per ospitare le folle numerose dentro un luogo capace di manifestare loro la grandezza di S. Teresa di Lisieux. Nella Cripta, dietro l’altare maggiore, sono scritte le sue ultime parole: “Je l’aime…mon Dieu…je vous aime!” (io l’amo…mio Dio…io vi amo). Davvero la breve vita di Teresa, ai nostri occhi, si mostra come un canto d’amore ineguagliabile. Teresa ha vissuto profondamente e lungamente la sofferenza affettiva, l’aridità della notte della fede, l’annientamento della malattia del corpo; ha abbracciato la sua piccolezza, il suo niente, il suo limite: “che importa, mio Gesù, se cado ad ogni istante…sempre tenderò verso di voi le braccia supplicanti e piene d’amore”. Non c’è chiasso a Lisieux, né manifestazioni di devozionismo esasperato: nella calma e in un particolarissimo silenzio Teresa tenacemente continua a sfogliare rose al suo Diletto. “Morir d’Amore, ecco la mia Speranza! Quando spezzate vedrò le mie catene, sarà Dio la mia grande Ricompensa: altri beni io non voglio possedere. Del suo Amore voglio infiammarmi tutta, voglio vederlo, a Lui per sempre unirmi. Ecco il mio Cielo, ecco il mio destino: viver d’Amore!!!…”.

MARIA CONCETTA BOMBA ocds


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