Percorso affascinante, quello proposto dalla Graphe.it Edizioni con il saggio “Che fai qui, Elia?”; una lettura ecumenica di 1Re 19, 11-13 fatta con i sensi, come ci avvisa subito l’editore: Parola da mangiare come pane raccolto dalle mani di un altro e condiviso; da assaporare come suono pronunciato e udito in una polifonica melodia di significazioni; da gustare come frammento di luce che acceca illuminando il buio della notte inaridita.
“Che fai qui, Elia?”: non è solo il titolo di questo saggio, è la “domanda” riformulata infinite volte, personalizzata, sempre nuova, che scuote e fa ridestare, poiché provoca e costringe a cercare la risposta.
“Il Signore stava passando. Davanti a lui un vento fortissimo spaccava le montagne e fracassava le rocce, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento venne il terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto venne il fuoco, ma il Signore non era neppure nel fuoco. Dopo il fuoco, Elia udì come un lieve sussurro. Si coprì la faccia col mantello, uscì sull’apertura della grotta e udì una voce che gli diceva: “Che fai qui, Elia?”.
Si rimane proprio come Elia leggendo questo libro: sconcertati e, nello stesso tempo, pacificati! Sconcertati nell’assistere all’abbattimento progressivo di tante nostre certezze che ci sono così care e alle quali si rimane ancorati troppo a lungo, bloccando il vitale slancio liberatorio verso la verità; pacificati nel sostare, infine, nel luogo del silenzio e della sospensione di ogni movimento, avvolti da quell’ultima solitudine pregna di una compagnia che, finalmente, fa udire la sua voce e impedisce di fuggire ancora verso i mondi artefatti del non senso.
Un percorso di quattro tempi, a quattro voci: Elia ode il vento, assiste ad un terremoto, vede il fuoco, ascolta il silenzio.
“Il Signore non era nel vento”: Natale Fioretto, predicatore valdese, dà inizio al viaggio. Elia è un personaggio impetuoso come il vento, dal temperamento forte ed irruente, pieno di zelo per il Signore, un Dio che attende come potenza travolgente, tanto affine alla sua stessa natura di creatura di forte personalità. “Tuttavia il Signore non sta ai patti e non si manifesta nel vento potente che lo annuncia e, così facendo, costringe il profeta ad un affinamento del suo spirito perché possa, appunto, concepirlo, ma in modo diverso, altro”.
“Il Signore non era nel terremoto”. Non era: perché “è”oltre le nostre aspettative, dinamico e dirompente come un terremoto nel gettare a terra ogni brandello di sicurezza e, nello stesso tempo, soave e mansueta voce di stravolgente piccolezza. “Possiamo dire che Elia si è lasciato trasformare da un Dio che gli si è rivelato nella forte debolezza del silenzio invece che nella potenza dei fenomeni ai quali il profeta era abituato” (P. Charlò Camilleri, carmelitano).
“Ma il Signore non era neppure nel fuoco”, in quel calore divampante, che pur ci riscalda, di volti e richiami circostanti. Come magistralmente sottolinea la terza voce di questo percorso, quella del pastore valdese Eric Noffke: “Elia non si fa ingannare, e noi? Quante volte vediamo noi stessi o i nostri fratelli, le nostre sorelle cadere nella trappola, fallire la prova? Nel momento in cui, cioè, ci lasciamo illudere che il Signore possa essere presente nella natura, in una persona, in un ideale, per quanto essa possa apparire santo, ammaliandoci. Quante volte usciamo fuori dalla caverna, in cui aspettiamo un segno da parte del Signore, illusi che Egli ci abbia dato il segnale, fallendo la prova e perdendoci su strade sbagliate!”.
“Dopo il fuoco, Elia udì come un lieve sussurro”. Attraverso una coinvolgente analisi delle sfumature linguistiche dei termini ebraici, la carmelitana suor Maria Anastasia di Gerusalemme ci introduce nel tratto finale di questo cammino, lungo quaranta giorni e quaranta notti, come a dire di un procedere ininterrottamente verso la fonte della rigenerazione. Il viaggio di Elia: il nostro camminare, sfiancante, senza sosta, che ode svariati richiami e che placa la propria sete solo alla fine, proprio quando il nulla spalanca le sue porte ad una struggente sensazione di impotenza di fronte alla voce del silenzio di Dio.
“Quando non ci sono parole, o presenze, quando siamo nel buio, rimasti ormai soli, allora ci raggiunge la domanda di verità, allora nasce il che cosa? Cominciamo a chiederci chi siamo, cosa siamo davanti agli altri, alla vita, a noi stessi, a Dio; e cosa facciamo in questo mondo, cosa cerchiamo, cosa aspettiamo, ancora, dopo tanti anni. E’ impossibile che non esca sangue da queste domande. E’ il bisturi del chirurgo che ci raggiunge dentro, che ci apre. Sì, finalmente, così in silenzio, cominciamo a sbocciare, a fiorire. Nasce il racconto vero di noi, della nostra storia. Bagnato nel sangue, come un bambino appena uscito dal grembo”.
Un percorso umano, il nostro percorso esistenziale, foggiato dal vento impetuoso che smuove e trascina, dai crolli interiori di inaspettati terremoti, dalle bruciature scottanti del fuoco indomabile: “ma è ora di alzarci e nutrirci (cfr 1Re 19, 5) della Parola di Dio che viene spezzata per noi. In questo cammino, tendiamo l’orecchio per udire il Signore che chiede anche a noi, come ad Elia: ‘Che fai qui?’. Sul limitare della grotta – luogo simbolico di quella condizione spaziale in cui può avvenire la rinascita – quale sarà la nostra risposta?” (Roberto Russo).
M. Concetta Bomba ocds
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