LA DIMORA DI DIO


...ho ripreso questo mio vecchio articolo, oggi, forse per un bisogno di ritrovare quella casa...

L’uomo è in cammino: cammina per vedere, per conoscere, per scoprire; cammina per crescere, per migliorare, per salire; cammina per cercare, per capire, per trovare. Il viaggio non è lineare: stanca, affatica, a volte frena e a volte sprona. Non è un peregrinare senza meta, è un avanzare che cerca una fissa dimora, un punto stabile che rassicuri e appaghi. Capita che il viaggio diventi una fuga, un continuo tagliare con il passato senza riuscire mai a raggiungere il futuro agognato; capita anche che si arresti il cammino imprigionati ad un punto che non si desidera più superare. Ogni viaggio presuppone una “casa” dalla quale si parte e alla quale si fa costantemente ritorno, quel luogo del riposo, degli affetti sicuri, dell’intimità, del sostegno reciproco, del sicuro ancoraggio. Com’è la nostra casa? Il più delle volte è un nascondiglio dentro il quale ci rintaniamo con le nostre sicurezze; un posto in cui coltiviamo i nostri progetti, dediti ai pensieri, ai desideri, ai moti del nostro io che non sa vedere al di là della propria “corteccia”, un luogo senza porte e senza finestre dal quale non si esce e dentro il quale nulla può penetrare. Abbiamo bisogno di una dimora ospitale, al cui interno poter riabbracciare ogni volta l’altro, la realtà, Dio: allora il viaggio diviene sicuro perché sostenuto e condiviso. “Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita”(Sal. 27,4). Se questa è la fissa dimora che il cuore inquieto dell’uomo cerca, non occorre “costruirla” con le proprie mani, occorre “scoprirla”, occorre “credere che un Essere che si chiama Amore abita in noi ad ogni istante del giorno e della notte e che ci chiede di vivere in comunione con Lui” (Elisabetta della Trinità, lettera n. 284). Il luogo del nostro riposo è a portata di mano: si affrontano centinaia di chilometri per entrare in alcuni santuari con la speranza di poter sperimentare l’incontro con il Signore; “affrettati a discendere perché bisogna che oggi mi fermi nella tua casa. Il Maestro ridice incessantemente alla nostra anima queste parole che rivolgeva un giorno a Zaccheo. Affrettati a discendere. Che cosa è mai questa discesa che esige da noi, se non il penetrare più a fondo nel nostro abisso interiore?”. Parole consolanti che la beata Elisabetta ridice ad ogni cuore in tempesta. Noi siamo il più grande tra i suoi santuari, non costruito da mani d’uomo, la casa di Dio dentro cui lo Sposo attende pazientemente di elargire il suo abbraccio amoroso nell’intimità di un incontro possibile ad ogni istante. “Dimorate in me. E’ il Verbo di Dio che dà quest’ordine, che esprime questa volontà. Dimorate in me non per qualche istante, qualche ora che deve passare, ma “dimorate” in modo permanente, abituale. Dimorate in me, pregate in me, adorate in me, amate in me, soffrite in me, lavorate, agite in me. Dimorate in me per essere presenti ad ogni persona e ad ogni cosa. Penetrate sempre più in questa profondità. Questa è veramente la solitudine dove Dio vuole attrarre l’anima per parlarle”. L’invito l’abbiamo ricevuto, il luogo ci è stato indicato, ma troppo spesso ci intratteniamo nei pressi del Castello e non entriamo, ma continuiamo ad interrogare il passante di turno pur di posticipare l’atto di rinuncia a noi stessi: “non chiedete più del Maestro a nessuno sulla terra, a nessuno nel cielo, perché lui è la vostra anima e la vostra anima è lui”! (Citazioni tratte da Elisabetta della Trinità, Scritti-Come si può trovare il cielo sulla terra, ed. OCD). "


M. Concetta Bomba

(Il Castello dell'anima", 15-05-2006)


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