Di questi tempi, e parlo del tempo di quaresima, il cibo diviene oggetto di discussione: se è vero che l’essere umano, ogni qualvolta ha bisogno di incrementare il legame di comunicazione con gli altri, è portato a radunare i suoi amici intorno ad un banchetto per spezzare lo stesso pane e nutrirsi dello stesso desiderio di stare in relazione, è anche vero che non sempre mangia in “comunione”, anzi, il più delle volte “divora” il cibo, con tutti i suoi commensali. Così, si sente parlare di digiuno e di astinenza dalla carne e difficilmente ne cogliamo il senso: difficilmente ci rendiamo conto dei nostri atti “predatori”, di quell’atteggiamento sotteso che ci spinge a gettarci sugli altri, sulle situazioni, sul mondo, su Dio, come se tutto fosse “commestibile”, come se ogni cosa e persona attirassero l’attenzione per un loro bisogno intrinseco di essere “consumati”.
“L’uomo, gettandosi con avidità sulla creazione ridotta a preda, pretende di giungere a quella compiutezza che il suo desiderio cerca - orientato com’è alla pienezza di comunione con gli altri e con il Totalmente altro-, ingerendo in lui l’universo, azione deludente perché lo lascia in fin dei conti in preda a una solitudine opprimente”(C- Bendaly, Il digiuno cristiano, Edizioni Qiqajon). Ed ecco, allora, che: “la disciplina periodica del digiuno…interrompe tra noi e il mondo la relazione di violenza e di delitto” (O. Clément), per trasformarla in incontro di donazione reciproca. Nell’essere “affamati”, nel vivere il desiderio di quel pane che sazia e di quell’acqua che disseta per sempre, si entra in relazione con un Interlocutore che ci rende manifesta l’incapacità di bastare a noi stessi. Un Altro ci attira su un terreno di privazioni scelto liberamente come lo spazio, vuoto, in cui sostare per sperimentare una volta ancora il gaudio di un incontro.
L’intera creazione, ora, mi viene ri-donata come offerta di un Amore che chiede di essere accolta e partecipata nella “carne”: “misericordia io voglio e non sacrifici” (Os 6,6). Troppo spesso riduciamo il digiuno e l’astinenza dalla carne in una pratica devozionale attinta da un “rituale” abitudinario. Se deve esserci rinuncia di cibo, che ci sia partecipazione sentita, nelle viscere, dell’indigenza dei popoli della terra; che ci sia impegno appassionato e tangibile nell’abbattimento di tutte le strutture oppressive di una società consumistica che sta “divorando” tutte le risorse del Pianeta; che ci sia una quaresima di condivisione (Eb 13,3), oltre le muraglia dei nostri individualismi. “Quando si sa che occorrono più unità di proteine vegetali per costituire un’unità di proteine animali e il sistema economico attuale fa sì che il quaranta per cento della produzione del grano nel mondo serva a nutrire gli animali per alimentare la popolazione dei paesi ricchi…quando si sa che ‘una quantità crescente di grano prodotto dai paesi del Terzo mondo è oggi diretta rapidamente verso le fabbriche di trasformazione per ingrassare volatili e animali la cui carne è troppo cara per la maggioranza dei consumatori locali’…quando si sa che le terre migliori del Terzo mondo sono accaparrate dalle multinazionali agroalimentari a vantaggio di interessi stranieri associati a quelli di una minuscola élite locale per destinarle a colture d’esportazione, tra cui la soia per l’alimentazione del bestiame dei paesi sviluppati, a svantaggio dei bisogni alimentari degli abitanti dei paesi poveri, la cui malnutrizione si aggrava sempre di più…allora l’astensione dalla carne durante il digiuno prende un significato simbolico nuovo che si aggiunge a quelli già segnalati. Viene vissuta come comunione con la miseria di tutti coloro che il sistema economico capitalista priva non solo della carne ma del minimo vitale di proteine vegetali, che gli sono in qualche modo strappate di bocca per sovralimentare con la carne la popolazione dei paesi ricchi e coloro che nei paesi poveri partecipano dei loro privilegi.” (C. Bendaly)
Ed ecco che, dal bisogno di cibo, può scaturire quel desiderio di comunione con Dio e con ogni essere umano che trova realizzazione nel ritrovarsi radunati intorno ad una stessa mensa, in piena condivisione.
M. C. Bomba
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